Dott. Roberto Genovese - Psicologo e Psicoterapeuta | Iscritto all'Albo Nazionale Psicologi | Sez. A O.P.R.S. n° 5892 |

Dott. Roberto Genovese

Il Calcio, Guardiola e l’ombra dell’autolesionismo.

2024-12-05 18:43

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Il Calcio, Guardiola e l’ombra dell’autolesionismo.

La vicenda di Pep Guardiola per sensibilizzare sul tema dell’autolesionismo.

Il clamore mediatico suscitato dalla reazione di Pep Guardiola, ex-giocatore e attuale allenatore del Manchester City, mostratosi con graffi e lesioni sul viso durante l’intervista di fine partita con il Feyenoord in Champions League, offre l'occasione per approfondire le caratteristiche del comportamento autolesivo quale modalità disfunzionale per gestire emozioni negative come tensione, frustrazione e rabbia.

Ciò che ha scaturito la sua reazione autolesiva è il fatto che la sua squadra in vantaggio di 3 reti ad un quarto d'ora dalla fine, non è riuscita a vincere, subendo 3 gol negli ultimi minuti della partita. Al di là di eventuali considerazioni tecniche, ciò che ha suscitato la mia attenzione è il tracollo psicologico ed emotivo di uno dei più importanti allenatori degli ultimi anni. 

Professionale e competente, Guardiola ha allenato Barcellona e Bayern Monaco, riuscendo ad elevare ai massimi livelli di sempre il calcio giocato dal Manchester City (che allena dal 2016). Con un curriculum di 3 Champions League e 12 campionati vinti come allenatore, comprese sei delle ultime sette Premier League, ha ampiamente dimostrato il proprio valore, tuttavia, nell'ultimo periodo, si è mostrato particolarmente nervoso o teso, reagendo in modo talvolta spropositato per gli esiti delle sue partite.

Se da un lato suscita scalpore che un professionista di questo calibro possa cedere a comportamenti impulsivi e disfunzionali, d'altra parte, le sue reazioni, probabili segni di stress e disagio emotivo, riconfigurano l'aura del suo personaggio ad una dimensione umana.

Guardiola è descritto, da tutti i suoi collaboratori, come una persona ossessionata dal controllo di ogni singolo aspetto riguardante il suo lavoro. La spasmodica ricerca della perfezione, l'intensità e lo stress con cui affronta le sue sfide sono stati gli elementi determinanti nel contribuire al suo successo al punto che, verosimilmente, abbia ritenuto, ad un certo punto, di essere l'unico responsabile e artefice delle sue vittorie. Egli è abituato a pensarsi come "vincente", sempre in grado di controllare tutto, compresa la pressione mediatica dei tifosi, della stampa o dei propri dirigenti.
Nel momento in cui l'immagine illusoria di sé ha iniziato a mostrare le prime crepe, la sua stabilità emotiva e psicologica ha iniziato a vacillare al peso delle sue grandiose aspettative.

I comportamenti autolesivi rappresentano il tentativo di ridurre le emozioni negative riportandole, illusoriamente e patologicamente, ad una dimensione di controllo ("sono io che decido di farmi male e allo stesso tempo sono io che decido di smettere di infliggermi dolore") ma, di fatto, tradiscono una significativa difficoltà a tollerare e gestire le emozioni negative o confrontarsi con un'immagine meno idealizzata di sé stesso.


Questi comportamenti rappresentano il tentativo disperato di attenuare l'impatto emotivo di tensione, ansia e autorimprovero o, a volte, di risolvere una difficoltà interpersonale, come la solitudine o i conflitti. Spesso, nelle persone che presentano una compromissione moderata o grave del livello di funzionamento generale, le ferite autoinflitte possono essere importanti.


Il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali riporta che "la maggior parte delle volte la lesione viene inflitta con un coltello, un ago, un rasoio o un altro oggetto tagliente. Le aree lese comunemente comprendono l'area frontale delle cosce e il lato dorsale dell'avambraccio" fino a provocare il sanguinamento e lasciare un caratteristico gruppo di cicatrici.


La vicenda di Pep Guardiola ha avuto il merito di canalizzare attenzione mediatica verso un tema delicato e spesso sottovalutato come quello dell'autolesionismo. Riconoscerne i segnali e parlare apertamente della tematica può essere importante per rompere un tabù e incoraggiare le persone a chiedere aiuto.
Troppo volte succede, invece, che le persone che mettono in atto questi gesti tendono a nasconderli o a minimizzarli, soprattutto durante il periodo dell'adolescenza o della prima età adulta, quando queste azioni si manifestano per la prima volta. 

Parlarne apertamente può invece aiutare a ridurne la portata psicopatologica offrendo l'opportunità di esprimere il proprio disagio e ricevere il giusto supporto.




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